Stili oratori – Aristotele a Renzi e Salvini avrebbe preferito Marchionne

In queste ultime settimane durante le quali l’Italia si è accorta che Sergio Marchionne era uno straordinario manager sono cominciate le condivisioni post-mortem dei suoi discorsi, divenuti subito totem dei tanti alla ricerca di modelli di riferimento. Ma quanto è diversa l’oratoria di Marchionne da quella di Renzi e Salvini?Diciamo pure che lo stile oratorio di Sergio Marchionne era sì efficace, ma non prodigo di pathos, quanto piuttosto incline alla centralità del logos e sostenuto soprattutto da un imponente ethos. Ma cosa significa tutto ciò? Ecco emergere quelli che Aristotele indica come tre pilastri fondamentali che devono caratterizzare la comunicazione: l’Ethos, il Logos ed il Pathos. Questi rappresentano le tre grandi categorie di variabili che possono rendere un messaggio persuasivo ed efficace. L’ethos ha a che fare con colui che parla, il pathos con chi ascolta, il logos con i contenuti del discorso oggetto della comunicazione.

Il Logos rappresenta il mezzo di persuasione basato sui discorsi. Viene quindi chiamata in causa la terza delle componenti della comunicazione, rappresentata dai contenuti del discorso, dagli argomenti trattati. Il discorso deve dimostrare o sembrare dimostrare qualcosa. Il logos è dunque la logica della comunicazione, la sua parte razionale: chi ascolta non deve avere dubbi o perplessità sulla bontà delle argomentazioni presentate.

Aristotele sostiene che il Pathos caratterizza quel tipo di discorso che suscita emozioni negli ascoltatori. Il pathos ha che fare con i sentimenti, con il cuore. Il pathos è il lato empatico di ogni persona e rappresenta tutto ciò che fa emozionare. Esso ha a che fare con la seconda delle componenti della comunicazione: gli ascoltatori. E la persuasione si realizza tramite gli ascoltatori quando questi siano condotti dal discorso a provare un’emozione. Il pathos trova la sua piena realizzazione nel linguaggio paraverbale: qui non sono le parole a dominare, ma come queste vengono pronunciate. Il tono, la voce, il ritmo, la dizione, le pause, creano pathos, suscitano emozioni, fanno leva sul cuore e sul sentimento dell’ascoltatore.

L’Ethos, infine, indica la credibilità che ogni oratore dovrebbe avere, che per Aristotele si realizza durante il discorso. Ed è il tipo di discorso, pronunciato con competenza e conoscenza, a rendere affidabile un oratore e a contribuire alla persuasione. Esso nel tempo ha poi acquistato un significato ampio, principalmente legato al possesso di capacità morale e credibilità personale.

È evidente che il perfetto oratore sarà in grado di dosare adeguatamente, a seconda del contesto e dell’uditorio, tutti e tre questi elementi.

Nei discorsi di Sergio Marchionne rinveniamo la centralità del logos e dell’ethos, e la quasi totale assenza di pathos. Ma l’efficacia e la capacità persuasiva sono comunque notevoli.

Confrontare col suo gli stili oratori di uomini politici come Matteo Salvini e Matteo Renzi ci consente di evidenziare come l’efficacia persuasiva dei due sia notevole, ma per l’uso pressoché assoluto del pathos. Alquanto risicati appaiono infatti logos e ethos.

Quel che ancora manca ai due politici, e che potrebbe consentire loro di far più leva anche sull’ethose sul logos (se capaci di utilizzare strumenti retorici puri), è il raggiungimento di risultati concreti e una credibilità generale. Solo allora potranno persuadere anche con un solo cenno o con poche e misurate parole. Ma se al pathos perennemente elettorale non farà seguito una concretizzazione delle promesse e dei messaggi iniziali, l’ethos verrà azzerato, il pathos scadrà nel ridicolo e la comunicazione con l’uditorio sarà totalmente inefficace.

Con buona pace dei loro spin doctors, che ai corsi di telegenia dovranno presto affiancare qualche studio più profondo…

 

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