Anche il “triage” ci fa del male. E non per l’epidemia di parole straniere

Triage? Pre-triage? La consueta epidemia di parole straniere? In un momento così drammatico, vogliamo comunque intrattenere i nostri assidui lettori riflettendo insieme proprio sull’uso-abuso di parole straniere di larga diffusione.

Triage è, per definizione, in ambito medico, un metodo di valutazione e selezione immediata (dal francese trier «scegliere», «classificare», e poi finita anche nel calderone inglese) usato per assegnare il grado di priorità del trattamento quando si è in presenza di molti pazienti, oppure quando si è in presenza di un’emergenza extraospedaliera e si deve valutare la gravità delle condizioni cliniche del paziente.

Una definizione molto interessante (per comprendere esattamente l’origine del termine) è quella fornita dal dizionario americano Merriam-Webster il quale riporta come data di apparizione nella lingua inglese il 1918 (non a caso l’ultimo anno della Grande Guerra) e ne dà la seguente spiegazione:

“The sorting of and allocation of treatment to patients and especially battle and disaster victims according to a system of priorities designed to maximize the number of survivors”.

Dizionario americano Merriam-Webster

ovvero “la selezione e l’assegnazione delle cure ai pazienti e in particolare alle vittime di battaglie e disastri secondo un sistema di priorità progettato per massimizzare il numero di sopravvissuti”.

In buona sostanza, il triage nasce come una scrematura (che potrebbe anche essere crudele e sommaria) che si effettua quando è evidente che in una data situazione non tutti si possono salvare, e pertanto chi ha il potere di decidere è chiamato a esercitarlo e a scegliere chi può essere salvato e chi no.

Dunque, finché sussistono le possibilità di assistere tutti, il triage è semplicemente una assegnazione di ‘priorità’. Qusando, tuttavia, queste possibilità non dovessero più esservi, il triage diventa la scelta tra chi può essere salvata e chi no. Questo, almeno, a rigore di interpretazione storico-filologica del termine.

Se volessimo italianizzare “triage”, dovremmo allora adattare “-age” come viene fatto per altre parole di derivazione francese (vantaggio, aggiotaggio, lignaggio): avremmo dunque “triaggio”.

Ma in questo caso, tenuto conto della sua reale derivazione e di ciò che lo ha originato, il problema non è più l’essere il “triage” un termine francese che, come tanti altri termini stranieri, ben potrebbe essere reso più opportunamente in italiano. Vorremmo proprio che scomparisse e al suo posto si usasse “accettazione”: sarebbe di maggiore conforto, soprattutto oggi.

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