E se Totò venisse censurato?

Se una censura, di quelle buoniste di oggi, anziché colpire i libri (di Dahl e di altri) colpisse i film di Totò?

Prendiamo, a caso, un suo film: “Totò contro i quattro”, del 1963, diretto da Steno (il papà dei Vanzina). Non limitiamoci a riderne, ma osserviamone attentamente le espressioni linguistiche. Abbiamo un problema… sì, per tutte quelle parole e quelle espressioni che, oggi, non reggerebbero l’esame al quale – periodicamente e anche casualmente – vengono sottoposte opere della letteratura e della filmografia. Quell’esame che deve valutare se sono ‘corrette’ e coerenti con la diversa sensibilità odierna in tema di rispetto delle diversità, dei diritti, del prossimo ecc. ecc.

C’è effettivamente da tremare: certi riferimenti alla figura femminile, all’omosessualità, al maschio-alfa e simili, non supererebbero la prova. Così come il riferimento – parodistico ma forse anche di cattivo gusto – a vicende della cronaca nera dell’epoca, che oggi non sono, certo, minimamente percettibili dal pubblico (che non sa) ma che allora erano di fortissimo richiamo. Ad esempio, il caso del presunto bitter avvelenato, su cui la vittima Peppino De Filippo ha dei sospetti, è ispirato alla vicenda del bitter avvelenato che, nell’agosto del 1962, fu inviato per posta a un commerciante di Arma di Taggia dall’amante della moglie, e che, in quella circostanza, fu fatalmente bevuto dalla vittima. Si trattava di Tranquillo Allevi, detto Tino, al quale proprio in questi giorni il supplemento Sette del Corriere della Sera dedica ben due pagine, raccontando il fatto di cronaca (ma non la discutibile parodia del film con Totò e Peppino, e tanti altri pur straordinari interpreti).

E questo è niente: l’elenco di film che potrebbero non reggere l’impatto con il revisionismo culturale di questi tempi è lunghissimo. Secondo voi, cosa accadrà?

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