Da ieri, 21 settembre, è disponibile su Netflix “Wanna”, una docu-serie in quattro puntate che racconta la storia di Wanna Marchi, personaggio televisivo italiano molto celebre e discusso negli anni Ottanta e Novanta: una delle prime televenditrici delle tv private italiane. Wanna Marchi, che ha da poco compiuto 80 anni, aveva uno stile a dir poco esuberante: certe sue frasi e modi di dire divennero oggetto di parodie e si trasformarono in quelli che vengono comunemente definiti «tormentoni».
Per lei i giornali inventarono la definizione “teleimbonitrice”. Vendeva quelli che definiva prodotti dimagranti ma anche, in un secondo tempo, prodotti esoterici, numeri fortunati da giocare al lotto e riti magici per scacciare il malocchio. Finì, con la figlia Stefania Nobile, in seri guai giudiziari e poi in carcere.
Divenne così famosa che le venne proposta una trasmissione tutta sua, il “Wanna Marchi show”, in onda su ReteA. Concludeva le sue frasi, agitate e urlate, con la domanda «d’accordo?» (incise anche un disco, dal medesimo titolo). Era così celebre che venne chiamata nel 1990 dal trio Marchesini Lopez Solenghi nella parodia dei “Promessi Sposi” che andava in onda su Rai 1. Nella parodia la Marchi vendeva un rimedio contro la peste.
Il suo approccio, anche linguistico, è divenuto storia della televisione e anche del linguaggio televisivo. La sua “guerra al lardo” delle telespettatrici, apostrofate in qualunque modo potesse stigmatizzare inestetismi e simili e indurre all’acquisto dei suoi prodotti ‘scioglipancia’, è al contempo disgustoso e affascinante. Nessuno prima di lei aveva mai detto alle donne che erano delle ciccione, che facevano schifo e che i mariti facevano bene a cornificarle; e nessuno l’avrebbe mai detto dopo.
Retorica e psicologia le hanno consentito di vedere stelle e stalle. Ora noi abbiamo la possibilità di rivedere quella che all’epoca brillava come una stella, nella stalla del circo della televisione.