Un interessante articolo del New York Times (di Isabella Kwai) esamina l’oratoria di Zelensky, che “tailors his speeches carefully to his audiences”. Cioè ‘cuce’ i propri discorsi sull’uditorio che di volta in volta affronta. In applicazione di quanto già segnalavano come fondamentale Cicerone e Quintiliano. Mettendoci dentro anche un po’ del pathos suggerito da Aristotele. Ed ecco un mix mutevole. Piace? Funziona?