Quando design e comunicazione (spesso retorica) non funzionano

Se nel bagno del vostro ufficio trovaste improvvisamente il misterioso apparecchio della foto sopra, capireste cos’è senza il prezioso foglietto di indicazione? Purtroppo siamo di fronte ad un evidente caso di pessima ‘affordance‘…

L’affordance è un invito all’uso, uno dei principi fondamentali per la progettazione delle interfacce, in senso lato. I sensi, secondo la teoria della percezione diretta di Gibson, sono sistemi percettivi diretti che colgono gli elementi invarianti dell’ambiente che, a sua volta, offre informazioni, indizi su come vadano usati gli oggetti. Si tratta di relazioni naturali basate, da un lato, sulla capacità degli oggetti di suggerire l’insieme delle azioni che con esso si possono compiere, dall’altro sulla visione che diventa l’attivatore di tali potenzialità.

Ebbene, tornando all’oggetto misterioso della foto, si può sostenere che nella mente del designer – se mai ne è stato coinvolto uno nel ciclo di ideazione, sviluppo e produzione – le due ‘ondine’ in rilievo dovevano probabilmente essere autoesplicative e comunicare (retoricamente) sia a) la funzione – emissione dell’aria – che b) la posizione dove vanno collocate le mani, ovvero c) il suo uso complessivo.

Al di là dell’evidente mancanza di una valutazione fatta con gli utenti e/o nel mondo reale, questo esempio la dice lunga sul problema dell’affordance di certi oggetti sia fisici che virtuali.

Un interessante articolo di Letizia Bollini analizza le problematiche della affordance

 

Letizia Bollini, “Affordance. Da Gibson a Bagnara, passando per le porte antincendio”, Beautiful Interfaces – Leggi l’articolo

 

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