Chiamami Peroni, sarò la tua birra. La retorica visiva di Armando Testa

Viviamo in un mondo in cui le immagini sono e saranno sempre più intense, e il pubblico giocherà ad accostarle e a viverle in pluri maniere. Questo è il futuro dell’uomo nell’era dalle immagini”. Così parlava alla fine degli anni ’70, in un’intervista RAI, Armando Testa (1917-1992), che – in modo assolutamente limitativo – può essere definito uno dei più grandi grafici e pubblicitari italiani. Un artista che non solo portava avanti i concetti della pop art, ma costruiva una società dei consumi libera da ideologie e sovrastrutture, basata sul divertimento e sul gioco, in qualche modo anticipando gli “internet meme”, i filtri Instagram e le storie di Snapchat, ben prima della nascita di Internet.

Non è stato solo il pubblicitario dei Caroselli, creatore di innumerevoli personaggi e immagini iconiche – ecco Pippo Ippopotamo della Lines:

e poi la silhouette del Digestivo Antonetto:

e l’elefante Pirelli con lo pneumatico al posto della proboscide:

E non è stato solo il creatore di modi di dire (“Chiamami Peroni, sarò la tua birra”, “E la pancia non c’è più”) che hanno reso la réclame italiana degli anni ‘60 e ‘70 qualcosa di irripetibile. Fu anche – e soprattutto – un artista semplice e visionario: “il più artista tra i pubblicitari e il più anomalo tra gli artisti” (Michele Boroni, Il Foglio), in quanto fu il primo autore capace di esprimersi simultaneamente in tutti i codici espressivi della comunicazione visiva (dalla pittura alla pubblicità, dalla grafica al design, passando dalla televisione fino all’architettura).

Secondo Gillo Dorfles, il cartellone per il Punt e Mes della Carpano (ovvero, l’invenzione visiva che traduce nelle forme del solido geometrico e una semisfera “il punto d’amaro e mezzo di dolce” dell’espressione dialettale che dà al nome al celebre vermut della Carpano) è il punto di partenza della impostazione “semiotico-retorica” di Testa:

Questo perché tra i molti sistemi impiegati dalla prassi pubblicitaria (che assolve soprattutto ad una funzione ‘persuasiva’) quello più spesso utilizzato è forse quello metaforico: dunque, metafora, metonimia, ossimoro, ellissi, sineddoche, ecc., per evidenziare con più efficaia un determinato messaggio verbale ma anche visivo. E con Armando Testa, sottolinea sempre Dorlfes, possiamo lecitamente discorrere di “metafore visivo-verbali” utilizzate in molti manifesti pubblicitari  e in molte altre occasioni non pubblicitarie.

Ad esempio, prendendo in considerazione proprio il manifesto per il Punt e Mes (1960), non è difficile accorgersi come la sfera sovrapposta alla semisfera sia l’esatta metaforizzazione visiva della frase “punto e mezzo punto”; mentre lo stesso colore rosso dell’immagine si riferisce (in questo caso metonimicamente) al colore dell’aperitivo).

Nelle creazioni di Testa le associazioni, le sostituzioni e le metafore hanno lo scopo di incantare e gratificare la proiezione dello spettatore nella dimensione del miraggio (la bionda Peroni nel deserto del Sahara), del sogno o della fantasia infantile di mondi in cui gli animali parlano (Pippo Ippopotamo) e le forme primarie di personaggi sferici (Papalla) prendono vita e conquistano la nostra fiducia. Anche attraverso la retorica visiva.

 

Per approfondimenti (tratti da www.armandotesta.it):

Dorfles – Le metafore visive di Armando Testa

Dorfles – Armando Testa: visualizzatore globale

Celant – Le Sirene di Armando

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