Populismo? Sovranismo? Fascismo? Gli italiani travolti dagli “–ismi”

Oggi, sulla prima pagina del Corriere della Sera, Aldo Grasso (Gli ismi e il linguaggio dell’idolatria) offre il suo consueto breve e pungente editoriale della domenica, dedicandolo questa volta agli “-ismi” della lingua italiana e degli italiani. A quel “populismo”, spesso accompagnato dal “sovranismo”, che riempie le pagine dei quotidiani.

Ma cosa sono tutti questi “-ismi”? “-ismo” è un suffisso usato per la formazione di vocaboli astratti di origine greca o di formazione moderna, che indicano dottrine, movimenti religiosi, filosofici, politici, sociali, artistico-letterari (ad esempio socialismo, empirismo, romanticismo, cubismo); tendenze, caratteri, comportamenti, azioni (fanatismo, ottimismo, eroismo); qualità, difetti fisici o morali (egoismo, altruismo, daltonismo); attività sportive (alpinismo, ciclismo). Con significato concreto indica particolarità, caratteri di linguaggio o di stile (francesismo, arcaismo, tecnicismo); congegni e sistemi (meccanismo).

Gli “ismi” in arte nell’ottocento e nel novecento hanno creato dei movimenti a dir poco rivoluzionari: impressionismo, cubismo, astrattismo, espressionismo, futurismo, dadaismo, surrealismo. Non è proprio così in politica, dove i tanti e troppi “ismi” – sembrano ben cinquantadue come attestato anche in un libro (“Gli ismi della politica”, a cura di Angelo D’Orsi) – hanno creato molto confusione: da anarchismo a liberalismo, da fascismo a marxismo, da comunismo a terrorismo, da fondamentalismo a laicismo, da antiamericanismo a pacifismo, da leghismo e meridionalismo, da berlusconismo a renzismo.

L’idea che l’ismo indichi la degenerazione di un qualcosa di iniziale sembra più una demonizzazione verso alcuni ismi, che non un metodo applicabile verso tutti gli ismi. L’ismo si è dunque rivelato un mezzo per dare un nome ai significati più disparati, e spesso per connotarli negativamente. Ed oggi un termine che rechi con se il suffisso “ismo” rivela, prima ancora del concetto, un’esasperazione e quindi un deterioramento del concetto stesso.

E via appunto con “renzismo”, “berlusconismo”, “grillismo”, “leaderismo”, “sondaggismo”, ecc.

Gli “ismi” – scrive il filosofo francese Gustave Thibon – “sono parassiti ideologici che svuotano le cose della loro sostanza proiettandole fuori dai loro confini”, ci ricorda Grasso. L’ismo è dunque divenuto un suffisso che spesso tradisce la realtà per l’idolatria.

Del resto, c’è di fatto sempre un “ismo”: amantismo, baciapilismo, bambinismo, barzellettismo, beneculturalismo, benoltrismo, chimerismo, collotortismo, divanismo, esasperatismo, fanzcazzismo, fannullonismo, lowcostismo, miserabilismo, noismo, padreternismo, retroscenismo, stiticismo, tormentonismo, vippismo.

Qualunque sia il nostro “ismo” o a qualunque “ismo” apparteniamo, stiamo attenti a non imbatterci però nel pressapochismo e qualunquismo, forse davvero i più diffusi e realmente pericolosi…

 

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