“La lingua del Governo sarà una lingua mite”. Analisi linguistico-retorica del discorso del Presidente Conte

Come di consueto, Retoricamente ha analizzato (dal punto di vista esclusivamente linguistico-retorico) il discorso pronunciato ieri alla Camera dei Deputati dal Presidente Giuseppe Conte. Subito un po’ di numeri: 3.892 parole complessive, distribuite in 216 frasi (composte in media da 23 parole, con picchi di 4 e 90). 1.758 parole diverse, mediamente di 2,53 sillabe l’una. Le più utilizzate? Ovviamente “cittadini” (22 volte), “governo” (21), “paese” (20). E poi ancora: “sistema” (14), “lavoro”, “azione” e “qualità” (12), “Italia” e “imprese” (11), “politiche”, “investimenti” e “opportunità” (10). Per i più tecnici, una lexical density piuttosto alta (45,2%), così come la readability (19.4 – quasi al livello hard di 20).

In estrema sintesi, un discorso strutturalmente ordinato ma senza alcuna acme. Un’erba senza splendore. Morbido e mite, così come del resto portano ad evidenziare alcuni inequivocabili indici: “la lingua del Governo sarà una lingua mite”, “sobri nelle parole, operosi nelle azioni”, “supplemento di umanità”.

Al di là di queste espressioni/slogan, non si riscontra la costruzione e l’utilizzo di particolari figure retoriche. Qualche citazione politica (Saragat; il “particulare” del Guicciardini); qualcuna anche un po’ troppo pretenziosa (il “nuovo Umanesimo”).

Il discorso così costruito è stato accompagnato dal consueto stile oratorio di Conte (sobrio ma soporifero).

In definitiva, a livello linguistico-retorico una perfetta integrazione con gli abiti che il Presidente indossa: una monotona sobrietà.

(Foto tratta da www.open.online)

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