“Culo di pietra”

A 97 anni ha lasciato il mondo terreno quello che Mario Schimberni, altro celebre manager di quegli anni settanta-ottanta, ebbe a definire – su esplicita sollecitazione di Gianni Minoli, durante una puntata di Mixer – il “culo di pietra”.

L’agiografia su Cesare Romiti, uomo della galassia Agnelli e non solo, non è certo uno degli obiettivi di Retorica-mente; e infatti ne parliamo esclusivamente per quell’espressione che fu brillantemente coniata dal suo rivale, diversi decenni fa. Sì, perché si tratta di una metafora essenziale, in forma di epiteto: ci vuole indubbiamente portare oltre il dato letterale. Anzi: è quasi un ossimoro (le natiche costituiscono parte molle del nostro corpo, tranne pochi felici casi di corpi atletici). Così, ci porta nel mondo di quegli uomini mai domi, lavoratori instancabili, il cui fondoschiena – per via delle incalcolabili ore trascorse seduti – si amalgama perfettamente con il sostegno e viene ad esserne tutt’uno, ma ben più solido a causa del tempo trascorso. Immutabile. Quasi marmoreo.

Quanta meraviglia desta un uso così essenziale della retorica! Ce ne saremmo ricordati, oggi, se si fosse semplicemente parlato di “instancabile lavoratore”?

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