Bambini senza storie e senza libri. E senza parole

Che cosa succede ai bambini che vivono un’infanzia senza storie e senza libri? Gli effetti della povertà narrativa si traducono in un lessico limitato e in maggiori difficoltà di apprendimento della lingua scritta.

Le parole ascoltate sono in numero ridotto e hanno a che fare con il linguaggio concreto e immediato del “qui e ora”, e non anche con le strutture preziose e complesse, la fluenza e il ritmo della narrazione. Una recente ricerca condotta negli Stati Uniti da Jessica Logan (The Million Word Gap) ha quantificato il divario enorme che esiste tra i bambini esposti quotidianamente al racconto e alla lettura di libri e i piccoli che crescono senza storie. Un milione di parole: è questa la differenza riscontrata tra i due gruppi di bambini nei primi cinque anni di vita.

La narrazione rappresenta inoltre un ponte verso la lingua scritta: la lettura precoce di storie e l’interazione significativa e diretta con gli adulti stimolano nei bambini l’emergent literacy, ovvero l’insieme di abilità e atteggiamenti considerati precursori delle forme convenzionali di lettura e scrittura: un bambino circondato dai libri, che vede gli adulti leggere, che stabilisce una familiarità con l’oggetto libro fin da piccolo, che ascolta spesso storie narrate e lette dagli adulti sviluppa tutti quei prerequisiti che potranno facilitare e rendere più agile e sicura la strada verso la lingua scritta.

Per approfondimenti:

G. Favaro, Un milione di parole in meno: gli effetti della povertà narrativa, in Sesamo. Didattica interculturale, maggio 2019

G. Favaro, M. Negri, L. A. Teruggi, Le storie sono un’ancora, Franco Angeli, Milano 2018

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