Quarant’anni fa usciva nelle sale “Blade Runner” di Ridley Scott, un noir fantascientifico divenuto iconico.
Il film è celebre, oltre che per la trama e la cupa e affascinante descrizione di un futuro buio e sporco, per quel monologo finale che davvero tutti conoscono e spesso non esitano ad utilizzare in molti contesti.
Ma pochi sanno che “Blade Runner” non è il titolo dell’opera di Philip K. Dick da cui il film è tratto ma di uno script di altro scrittore di fantascienza, William S. Burroughs: Blade Runner (a movie). Quest’ultimo era a sua volta la riscrittura in forma di soggetto cinematografico di un romanzo di Alan E. Nourse dal titolo omonimo (The Bladerunner) e pubblicato in Italia col titolo Medicorriere, in cui i “bladerunner” sono trafficanti di strumenti chirurgici, anziché le unità della polizia addette al “ritiro” dei replicanti.
Scott chiese il permesso a Burroughs per usare il titolo del racconto (Blade Runner) per il suo film, tratto però dal romanzo Il cacciatore di androidi (Do An-droids Dream of Electric Sheep?) di Philip K. Dick (che nel libro si chiede, appunto, come sia possibile che degli esseri umani siano così spietati da sembrare macchine).
L’autentico protagonista del film è Roy Batty, un ispirato Rutger Hauer alle prese con gli umanissimi tormenti di un replicante. È lui a recitare un monolo-go rimasto indimenticabile. Ma anche la storia del monologo è interessante, perché non è presente nel libro di Dick. Nel copione c’è una versione, elaborata dallo sceneggiatore David Webb Peoples, che poi fu – secondo alcuni – integrata da Rutger Hauer; secondo quest’ultimo, invece, solo tagliata perché, a suo avviso, il dialogo originale era troppo corposo. Ed è comunque certo che l’attore aggiunse l’espressione: “tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia” (“All those moments will be lost in time, like tears in rain”).
“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste im-maginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”
Per approfondimenti:
https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2022/10/08/news/blade_runner_40_anni-368952944/
Gianluca Sposito, “Dici a me? Parole e discorsi da film”, Intra, 2021