Cliché ed effetti paradossali della comunicazione assertiva dei servizi di assistenza online

“Dalla tua corrispondenza, possiamo capire che sei preoccupato per l’errore […] che hai ricevuto. Ci rendiamo conto che questa deve essere un’esperienza frustrante per te, ci scusiamo per l’inconveniente. Sappiamo che questo problema richiede una soluzione urgente, saremo lieti di aiutarti.”

Si tratta di una delle possibili risposte ricevute a seguito di una segnalazione (di un problema) fatta ad un grande operatore di servizi e prodotti online. Risposta proveniente da ‘umano’, tengo a sottolineare, e non da chatbot.

E quello sopra, tecnicamente, secondo quelli che hanno fatto “corsi di comunicazione” agli operatori, sarebbe il giusto approccio ‘assertivo’ (piace tanto questo aggettivo a quelli che manco sanno cos’è…), dove si prende contatto e si ‘empatizza’ con il destinatario, mostrando disponibilità e reattività con modi e linguaggio adeguati al contesto.

Bene. Solo che se a quel messaggio non segue affatto la risoluzione di un problema (magari pure banale) ma, anzi, segue la paradossale richiesta di qualcosa che è stata già spiegata da chi richiede l’aiuto, lo scambio comunicativo si risolve nel pensiero unico dell’utente: “MA FATE SUL SERIO?”. Poco assertivo, poco tecnico ma molto umano.

E allora quell’utente, che magari non ha fatto corsi di comunicazione assertiva con i presunti guru della comunicazione assertiva, rilegge quello che gli hanno appena scritto e quel “possiamo capire che sei preoccupato”, “ci rendiamo conto che questa deve essere un’esperienza frustrante per te”, “sappiamo che questo problema richiede una soluzione urgente” tornano ad essere quello che sono: cliché paradossali e anche irritanti. Che portano all’effetto opposto rispetto a quanto teorizzato dai guru che hanno tenuto il corso ai fiduciosi aspiranti risponditori umani: fanno incazzare.

Vi ricordate il “Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!” di “Non ci resta che piangere”? Ecco, forse il vero modello che ha ispirato la loro comunicazione assertiva è proprio quello.

E a noi davvero non resta che piangere.

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