Sollecitata dal Comitato Pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione sulla parità di genere nella scrittura degli atti giudiziari, l’Accademia della Crusca ha detto stop a schwa (l’ormai famosa “e” capovolta, non presente nell’alfabeto italiano) ed asterischi (car* amic*, tutt*), all’articolo davanti al nome femminile (“la Meloni”), e anche alle duplicazioni (“i cittadini e le cittadine”, “le figlie e i figli”).
Non solo. L’Accademia invita a far ricorso in modo sempre più esteso ai nomi di professione declinati al femminile: magistrato/magistrata; prefetto/prefetta; avvocato/avvocata; segretario/segretaria, segretario generale / segretaria generale; delegato/delegata; perito/perita; architetto/architetta; medico/medica; chirurgo/chirurga; maresciallo/marescialla; capitano/capitana; colonnello/colonnella. Ma anche: pretore/pretora; questore/ questora; assessore/assessora; difensore/difensora; estensore/estensora; revisore/revisora; supervisore/supervisora; vicesindaco/vicesindaca; sottoprefetto/sottoprefetta; sostituto procuratore / sostituta procuratrice.
E, infine, il più innovativo: Pubblico Ministero/Pubblica Ministera.
Mah…
Qui trovate il parere completo fornito dall’Accademia: