5 dicembre 1952, “fumo di Londra”

Se diciamo ‘nebbia’, cosa ci viene in mente? Ad un fenomeno atmosferico o alla mancanza di lucidità? Se ci vengono in mente entrambe, avremo ben chiara la differenza tra senso letterale e senso figurato delle parole (denotazione/connotazione).

Però agli Inglesi del 5 dicembre 1952 quella nebbia che avvolse la città per ben 5 giorni, causando circa 12.000 morti (altri 150.000 ebbero gravi problemi di respirazione), assunse una connotazione ben più cupa, fino alla identificazione con la morte.

La nebbia fu così spessa che la circolazione automobilistica divenne difficoltosa o addirittura impossibile; la gente camminava appoggiandosi ai muri e le autorità raccomandarono di tenere a casa i bambini per il rischio che potessero perdersi. Lo smog denso entrò perfino dentro gli edifici: scuole, concerti, rappresentazioni teatrali e proiezioni cinematografiche furono sospese poiché la scena o lo schermo non erano visibili al pubblico; gli aeroporti e la maggior parte dei trasporti pubblici non furono in grado di operare in quelle condizioni e l’esterno degli edifici di tutta la città fu contaminato da particolato carbonioso. Persino i bovini allo Smithfield Market morirono di asfissia, mentre quelli ancora in vita furono dotati di maschere antigas per prevenire ulteriori perdite.

Il “grande smog” è stata una catastrofe ambientale che colpì Londra nel dicembre 1952, quando una coltre di fumo nebbia densa e maleodorante avvolse la capitale inglese per alcuni giorni. Oltre a costituire il peggior caso d’inquinamento atmosferico nella storia del Regno Unito, l’evento rappresentò uno tra i più importanti episodi di impatto scientifico, anche sulla relativa regolamentazione.

Da quel tragico evento nasce, tuttavia, un’espressione che, attraverso una figura retorica (una metafora, cioè un’analogia condensata) viene ad identificare un colore: “fumo di Londra”. Un grigio molto scuro, nel quale si perderà (e qui torniamo alla connotazione iniziale) l’Alberto Sordi nell’omonimo film del 1966.

Insomma, dietro al concetto di ‘nebbia’ c’è molto. Ma non sempre si vede. E allora valga una divertente (e retoricamente interessante) citazione finale (Totò da “Totò, Peppino e la malafemmina”, 1956): “Quando c’è la nebbia non si vede” (e mi raccomando: senza la virgola dopo nebbia, perché altrimenti il messaggio sarebbe facile da interpretare!). Magari su questo ci torniamo sopra domani…

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