TOTTI, ILARY E IL MULINO (GIALLOROSSO)

Pensavamo che Totti e Ilary abitassero anche loro in un Mulino Bianco. Anzi, ce lo immaginavamo addirittura giallorosso. E invece ci siamo dovuti ricredere.

Ma in questa come in tante altre vicende le parole – carpite o affidate a comunicati formali – arrivano non solo dai protagonisti. E a noi di Retoricamente, come sapete, interessano più quelle, delle presunte corna di cui pure si discuterà forse a lungo.

Ecco allora entrare nel mulino il regista Gabriele Muccino (“L’ultimo bacio”, “La ricerca della felicità”, ecc.) che, commentando su Instagram un post di Selvaggia Lucarelli, ieri così scrive:

“Io il legale di Totti l’ho conosciuta bene. L’ho avuta come controparte in un divorzio orribile che ha rovinato un figlio e seminato veleno per 5 anni. Veleno che è rimasto radioattivo con strascichi mai più sanati. Un divorzio cadenzato da illazioni pericolose puntualmente riprese da Chi, un divorzio portato avanti a forza di denunce penali totalmente pretestuose e inventate: 8 in tutto. TUTTE ARCHIVIATE senza fatica. Erano fumo, erano latrare di cani, armi per spaventarmi, erano la tattica e la strategia che questa nota avvocatessa romana adotta schiacciando vite di persone che si sono amate come fossero noci. I figli? Traumatizzati a vita”.

Il riferimento di Muccino è ad un certo tipo di avvocati (troppi?) che, in separazioni e divorzi (ma non solo), hanno la denuncia facile, e che fanno dell’illazione/calunnia un inevitabile punto di partenza. Poi magari perdono, ma nel frattempo hanno dato tanta soddisfazione al cliente, che si è tolto qualche sfizio (e paga volentieri).

Ma il più bello deve ancora arrivare, perché “io la conoscevo bene” (cit. film del 1965 con Stefania Sandrelli), cioè l’avvocato (o avvocata, se proprio ci tiene) citata da Muccino affida alle agenzie questa ‘meravigliosa’ risposta:

“Se l’offesa arriva dalle nullità, vale zero. Se poi la nullità è chi è stato avversario, l’offesa è sospetta. Una vendetta che vale come il tentativo di lanciare il pallone ben oltre i tempi supplementari. A stadio chiuso”.

L’uso delle parole, in questa risposta, è davvero violento. Non si riesce neanche ad intravedere del sarcasmo (comunque sempre da evitare): qui siamo proprio all’odio e al rancore, che volutamente si manifestano. L’avvocato che dà della ‘nullità’ alla propria ex controparte. Cioè, non si limita alla risposta che ci si aspetterebbe da un professionista, magari fredda e concisa. Lui le ha detto che ha seminato veleno? E lei gli dà della nullità. E non lo chiama ‘controparte’, ma ‘avversario’: termine che inevitabilmente trasporta il confronto su un piano esclusivamente umano (non tecnico) e personale (tu sei il mio avversario, non chi ti difende).

Poi, banalmente, quasi a cercare un consenso dalle parti di quelli che hanno a cuore le sorti del Pupone ora tutelato da lei, usa una metafora calcistica (“lanciare il pallone ben oltre i tempi supplementari”). Però, prima, ha dovuto dare della nullità a qualcuno, scendendo in campo e commettendo un fallo (ora le uso io, le metafore calcistiche). Non avrebbe fatto meglio a usare solo una metafora?

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