Il signore delle formiche e il linguaggio che uccide

Oggi a Venezia viene presentato “Il signore delle formiche” di Gianni Amelio, con Luigi Lo Caschino ed Elio Germano. Perché dovrebbe interessare anche Retorica-mente? Perché quello a Aldo Braibanti fu un drammatico processo ad un omosessuale, per l’ormai abrogato reato di ‘plagio’, ma anche un processo scandito da un linguaggio e un’oratoria, scritta e orale, che oggi fanno rabbrividire.

Non per niente, al lessico dell’affaire Umberto Eco dedicò un dottissimo saggio di analisi semiologica, Le parole magiche (nel volume Sotto il nome di plagio, Bompiani, 1969). In quell’intervento, lo “scandalo”, l’istruttoria, il processo, la sentenza venivano decifrati come esempi da manuale di abuso del linguaggio connotativo, cioè, grosso modo, di un parlare che se ne frega altamente dei fatti e, pur di persuadere, schiaccia sull’acceleratore della suggestione, dell’emotività: scatena tutta la propria potenza “magica”.

Ma come parlava, e scriveva, l’Italia del – peraltro “rivoluzionario” – 1968? 

Sui giornali “moderati” – Corriere, Stampa, Messaggero – l’aggettivo che ricorre più spesso è “squallido” (“squallido fondo sessuale”, “squallido ambiente”, “storia squallida”). Fra le testate più conservatrici fu invece soprattutto Il Tempo a prendere la faccenda a testate, capitanando la crociata moralizzatrice. Si presentava l’imputato come “risibile profeta”, “formicone mefistofelico su piccoli Faust”, “incantatore di serpenti che ha suonato il flauto magico della propria confessata abiezione per attrarre innocenti bisce d’acqua”, “anticristo tascabile”.

Formule che oggi inducono al sorriso. Ma tra le righe già racchiudevano la vera chiave dell’impianto accusatorio. Perché, inutile girarci attorno: quello a Braibanti fu il processo a un omosessuale. Però, siccome l’omosessualità non era perseguibile, ci si aggrappò al reato di plagio (“Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito…”), un lascito della legislazione fascista successivamente soppresso dal codice nel 1981. Il concetto veicolava invece una sedimentata immagine dell’omosessualità come ars incantatoria, circonvenzione, truffa, raggiro (“Inganno e beffa fanno lo stile di quest’uomo”) rispetto alla “corretta natura” del desiderio.

In assenza di “droghe dello stupro”, Braibanti che fa? Come sintetizza magnificamente Marco Cicala di Repubblica, stordisce le vittime con le sue idee. Idee neopagane, anarchiche, ateistiche, “panteistico-spinoziane”, psicanalitiche e quant’altro. Idee a cui – da “falso anticonformista” qual è – “l’immondo filosofo” non crede davvero: le utilizza strumentalmente “a turpi fini di libidine pederastica”.

Il processo e l’oratoria, anche giornalistica, di quel processo sono, ancora una volta, la cartina di tornasole di un’Italia maledettamente arretrata.

Per approfondimenti:

https://www.repubblica.it/venerdi/2022/08/26/news/caso_braibanti_scandalo_processo_ricostruzione-362671442/

https://www.labiennale.org/it/cinema/2022/venezia-79-concorso/il-signore-delle-formiche

“Il signore delle formiche” di Gianni Amelio – Trailer ufficiale del film (2022)

“Il caso Braibanti” di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese – Documentario disponibile su YouTube:

https://youtube.com/watch?v=gPQU7MlEzUQ%3Ffeature%3Doembed

https://it.wikipedia.org/wiki/Aldo_Braibanti

“Sotto il segno del plagio”, Bompiani, 1969:

https://opac.bncf.firenze.sbn.it/bncf-prod/resource?uri=SBL0086872&v=l&dcnr=5

 

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