Esattamente 13 anni fa Steve Jobs pronunciava quello che sarebbe divenuto il suo (e non solo) più celebre discorso ad una platea di giovani laureati della prestigiosa università di Stanford, in California. Ancora oggi un capolavoro di public speaking e storytelling.
Sì, perché in questo discorso si fondono straordinariamente l’ethos dell’oratore, il logos degli argomenti ed il pathos con cui delicatamente riesce a pervadere l’uditorio. Un discorso tripartito, dove sono innumerevoli gli sprazzi retorici e in particolare l’uso di metafore.
Un discorso noto per quel monito finale, divenuto per molti un mantra: “stay hungry, stay foolish“. La traduzione letterale (restate affamati, restate folli) non basta. Per chiarire il significato di un’espressione evidentemente retorica serve una spiegazione più articolata: non smettete mai di essere affamati (ovvero non perdete la voglia di imparare, la curiosità, l’ambizione), non smettete mai di essere folli con un’accezione di ribelli (ovvero siate in grado di fare scelte azzardate, non convenzionali o che altri giudicano sbagliate o assurde). Quel ‘folli’ per qualcuno ha un significato ulteriore: vorrebbe dire ingenui, sciocchi (non pensate, cioè, di avere imparato tutto quello che c’è da imparare, ma siate pronti a mettervi in gioco per imparare ancora); ma questo è in fin dei conti un messaggio già contenuto nel siate affamati.
La frase è dunque, al di là di tutto, un monito a non perdere la curiosità, l’ambizione di cambiare il mondo con un pizzico di sana follia.
Un discorso straordinario già all’epoca. Oggi, un esempio ed un modello.
Da rileggere e da rivedere:
Steve Jobs, Università di Stanford, 12 giugno 2005 – Testo del discorso
Steve Jobs, Università di Stanford, 12 giugno 2005 – Video del discorso