Toglietemi tutto ma non il mio patrimonio… Ortensia, l’avvocato delle donne vessate

Ortensia è passata alla storia come una delle prime donne avvocato (assieme a Caia Afrania e Mesia) per aver pronunciato nel Foro oltre 2000 anni fa una famosa orazione in difesa di altre donne romane.

Figlia di un illustre oratore dell’epoca (Quinto Ortensio Ortalo, rivale di Cicerone) decise di seguire le orme del padre, acquisendo una formazione basata sulla tradizione retorica greca e romana.

All’epoca, alla donna in verità non erano riconosciuti diritti: doveva essere sottoposta alla tutela di un uomo (prima il padre, poi il marito) in quanto gravata da limiti insuperabili che ne contraddistinguevano l’inferiorità naturale rispetto all’uomo (a causa di imbecillitas mentis, infirmitas sexus, levitas animi). Le donne non potevano dunque decidere di loro stesse, dei loro beni, dei loro figli. Tanto meno di rappresentare gli interessi propri o altrui in un tribunale.

Nel 42 a.C. il governo di allora, alla ricerca di fondi con cui finanziare le enormi spese sostenute nella guerra civile, impose una forte tassazione a 1.400 matrone dell’aristocrazia romana, stabilita in base al patrimonio. Una vera e propria “patrimoniale” tutta al femminile. Una delegazione delle ‘vessate’ tentò allora una mediazione, che fallì.

A quel punto le matrone, anziché rivolgersi ad un oratore uomo (che non avrebbe mai assunto la difesa delle ‘ribelli’ dell’altro sesso), si rivolsero ad Ortensia, confidando nelle sue rare capacità.

Ortensia si presentò nel Foro (cuore della vita pubblica e anche giudiziaria di allora) – fatto di per sé sorprendente per la società romana: una donna che perorasse la causa di altre donne davanti ad un consesso tutto maschile era assolutamente impensabile. Non solo: pronunciò un’orazione considerata dagli storici straordinaria, non solo per l’eccezionalità dell’evento ma anche per l’abilità dell’oratrice.

“Perché mai – chiese retoricamente Ortensia – le donne dovrebbero pagare le tasse, visto che sono escluse dal potere e dalla vita pubblica?”, e via di seguito, nel generale stupore.

Il governo ritornò sulle proprie decisioni e finì col tassare il patrimonio delle matrone (circa 400) superiore a centomila denari. Ma si affrettò anche a vietare alle donne di parlare “pro aliis“, cioè in difesa di altri (e, dunque, di fare l’avvocato ed il politico).

Tacere era un dovere. E rimase purtroppo tale ancora per molto tempo.

 

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